Sono anzitutto cristiano con voi,
e sacerdote per voi, per parlare di Lui a voi e di voi a Lui Emilio Gandolfo

l’ordinazione

Nel Seminario di Sarzana fa tutti i suoi studi, dal ginnasio alla teologia. Ha meno di 23 anni quando è ordinato sacerdote il 17 maggio 1942, giorno di Pentecoste, la festa a lui più cara. L’ordinazione avviene a Sestri Levante, nella chiesa di Santo Stefano del Ponte, la sua chiesa, quella che lo ha accolto dal primo all’ultimo giorno: dal battesimo alla Prima Comunione, alla Cresima, al funerale.

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Don Primo Mazzolari

Don Primo Mazzolari: lo troviamo proprio nel giorno dell’ordinazione di Emilio,
che a lui guarda già da anni come a un modello. Don Primo, parroco di Bozzolo, piccolo paese del Mantovano, è un prete perseguitato dal fascismo, che parla di chiesa dei poveri e di dialogo tra i cristiani e con i più lontani. Emilio è attirato dalla passione religiosa, dall’ardimento apostolico di don Mazzolari, ne condivide gli ideali, conosce i suoi libri: Il samaritano, La via crucis del povero, La più bella avventura, Lettera sulla parrocchia. È da qualche tempo in dialogo epistolare con lui, gli ha anche scritto delle sue preghiere per l’unità dei cristiani, un ideale che lo accompagnerà per tutta la vita.

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Carteggio di Emilio con don Primo Mazzolari

Il 24 marzo 1942, «coll’anima turgida della gioia più pura», Emilio informa don Primo della sua imminente ordinazione: «Rinnoverò i misteri della Passione e della Morte di Cristo; e questo non solo all’altare ma in tutta la vita affinché la Vita di Cristo brilli ed operi in me e per me… sento l’ansia di correre la più bella avventura della quale ho sentito più che mai vivo il desiderio dopo la lettura del Vostro volume…scendere sulle vie del dolore dei fratelli, accompagnarsi con loro, ascoltare il loro cuore e accostarlo al Cuore di Cristo… sento che davvero l’altare non è una meta: inizia la corsa per raggiungere nei fratelli quel Cristo che mi ha afferrato e mi ha portato all’altare».

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24 marzo 1942
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Quattro giorni dopo don Primo gli scrive: «Sono contento della notizia (le belle notizie sono così rare, oggi!) e della maniera affettuosa ed esultante con cui me la dai. Non hai bisogno di nessuna mia parola per la tua vigilia di Messa. Vedi col cuore e ti sei messo dalla parte dell’amore per vedere il tuo Altare. Qualche fiore, come adesso sui mandorli, cadrà. Tu ne sei preparato: anche alla nudità dell’Altare, anche a una Croce spoglia e arsa. Ora, però, è bene che tu canti con tutta l’anima poiché credere è anche poesia, offrirsi è la più alta poesia, quella che nessuno potrà strapparci».

Il carteggio di Emilio con don Primo è costituito da un triplice scambio di lettere in un breve arco di tempo, tra il settembre 1941 e il marzo 1942. È una corrispondenza “di forte intensità, così da lasciare un’impronta indelebile in don Emilio”, osserva Mario Gnocchi in un lungo articolo su Impegno, la rivista della Fondazione Don Primo Mazzolari di Bozzolo.
Nell’articolo sono riportate le sei lettere.

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Copertina di “Impegno”
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Il carteggio di Emilio con don Primo Mazzolari

«Vengo davanti a Voi col cuore in mano; Vi parlo colla confidenza di un figliolo», così si rivolge Emilio a don Mazzolari nella sua prima lettera.

Gli dichiara di aver appena terminato la lettura di un suo libro, La più bella avventura, in cui ha trovato parole «che hanno inciso un solco nella mia anima», e aggiunge: «Si ha paura di diventare santi, di correre la grande avventura dell’amore. Anche l’anima mia è da viltade offesa. Non so le audacie di chi ama. Ma ho un gran spavento della mediocrità…sento che devo imparare ancora un’altra lezione dal Maestro: quella dell’amore attraverso la Croce: amare e soffrire con letizia». Più avanti si confida: «Mi dicono che son troppo sognatore, troppo ottimista; che un conto è l’Ideale e la poesia, un altro la vita…ma io talvolta rispondo che i sogni del mattino sono molto vicini alla verità e che senza poesia non posso e non potrò mai vivere».

«Lascia che ti chiamino sognatore, idealista, pazzo – gli risponde don Mazzolari il 3 ottobre. – l’avventura del Regno di Dio non è fatta per i calcolatori, per i troppo saggi. S. Paolo ce lo incide nel cuore». E poi una frase che colpisce Emilio: «Viene un’ora eroica per chi vuol bene a Cristo».

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Don Primo Mazzolari
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Risponde Emilio qualche giorno dopo: «Oh, quanto gusto le parole che mi scriveste: “Viene un’ora eroica per chi vuol bene a Cristo!”. Sì, lo sento; e son convinto che non bisogna aspettarla, bisogna viverla». E cita un brano degli Atti degli Apostoli sui patimenti di Paolo, con il Signore che dice ad Anania: “Ego ostendam quanta oporteat eum pro nomine meo pati…”, io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome.

«Ti dirò subito che il fervore della tua lettera mi ha commosso», gli scrive Don Primo, che riprende la citazione di Emilio dagli Atti, e afferma: «Chi è pronto a sopportare questa manifestazione è sulla buona strada».

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È la Pentecoste del 1967, Emilio è prete da 25 anni. Nella ricorrenza manda un libretto agli amici con un disegno preparatorio di Lello Scorzelli per il grande bassorilievo conservato nella sezione contemporanea dei Musei Vaticani (Scorzelli è autore del crocifisso sulla ferula papale voluta da Paolo VI, detestata dai tradizionalisti e ripresa da papa Francesco).

Nella lettera che intitola Il mio “confiteor” così ricorda la sua salita all’altare: «Ho detto la prima Messa in tempi di angustia e di paura, quando si mangiava un pane stentato e nero, eppure mio padre aveva tenuto in serbo un po’ di vino che aveva spremuto con le sue mani nell’anno stesso in cui io nascevo. Offrendo quel vino nel calice della mia prima Messa, sentivo di offrire la mia vita e tutto ciò che era nato con me e con me in qualche modo era cresciuto».

Poi guarda al presente ed evoca il Concilio che ha seguito con immensa speranza: «Il cuore si dilata; e insieme si stringe per ogni male che l’uomo fa e che l’uomo soffre, per il “mistero d’iniquità” che va compiendosi. Ma più forte è Colui che, elevato da terra, attira tutto a sé, purificando tutto nel sangue della sua croce. Il Concilio mi ha ricordato che nel cuore di ogni uomo di buona volontà lavora invisibilmente la grazia; che Cristo è morto per tutti e la vocazione ultima di ogni uomo è effettivamente una sola, quella divina».

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Libretto Pentecoste 1967