dal diario, 17 dicembre 1958 Ieri ad Alessandria, un musulmano…e poi disse: Dio è uno per tutti. Non voleva dire: una religione vale l’altra; ma voleva indicare che uno è il punto d’incontro degli uomini di buona volontà. Penso con tenerezza fraterna agli uomini che in ogni tempo e in ogni luogo hanno cercato Dio con sincerità, pure andando a tastoni…
Un primo piano di Emilio sullo sfondo del deserto di Giuda. Concluso l’incarico all’Ambasciata, studia e viaggia. Viaggia in compagnia numerosa, guida pellegrinaggi promossi dalla Compagnia di San Paolo o dall’Opera Romana Pellegrinaggi.
È stato un viaggiatore instancabile e appassionato, che ha sentito sempre acuta «la sete di bere – così ha scritto – alla sorgente cui hanno attinto i nostri padri nella fede». E i nostri padri, aggiungeva, sono non soltanto Abramo, Mosè, gli apostoli, Paolo, Agostino, ma anche coloro che hanno generato le chiese locali. Perciò andava in Terra Santa come in Europa, dalla Francia alla Russia.
E per ogni itinerario ha scritto una guida.
Del 1982 è la prima edizione di Terra delle nostre radici; l’anno dopo escono altri due titoli: Sulle Orme di S. Paolo in Asia minore e Sulle orme di Paolo in Grecia. Un pellegrinaggio – diceva Emilio – non è una missione archeologica, ma un viaggio alle origini, alla scoperta delle proprie radici. Andava sui luoghi della fede con la stessa passione e lo stesso impegno che metteva nella lettura dei testi. Leggere e pellegrinare per lui erano la stessa cosa. Accompagnava i passi con le parole. Perciò le sue non sono guide turistiche, ma itinerari sulla scorta dei testi. Descrive la Cappadocia e lo fa col viatico dei tre grandi cappadoci: Basilio, Gregorio di Nazianzo, Gregorio di Nissa; ad Efeso ricorda il messaggio dell’Apocalisse indirizzato a quella Chiesa; quando è a Iconio si sofferma sul poeta e grande mistico musulmano, Rumi, «singolare interprete della sete di Dio presente in ogni essere umano», scrive. Ma, si chiede, dov’è Paolo che qui arrivò insieme a Barnaba da Antiochia di Pisidia? «dov’è qui a Iconio in questa fitta selva di minareti? Entriamo nell’unica chiesetta cristiana custodita da un vecchio armeno… La chiesa è squallida, ma Paolo ci rassicura subito: “Il tempio di Dio siete voi!”». Risalire alle origini è molto difficile e faticoso, non lo nasconde, facile è perdere le tracce. Ricorda le vicende storiche, come fa a Santa Sofia: «una grande pena entrare in quel tempio glorioso, trasformato prima in moschea e ora in museo; ma una tristezza maggiore suscita la divisione in atto tra Chiesa Orientale e Occidentale».
Il primo di questi libri risale al dicembre 1959: In Terra Santa, con una presentazione del futuro cardinale Sergio Pignedoli, allora ausiliare di Milano. È un itinerario di passi e parole. Emilio lo dichiara: «Non è una guida della Terra Santa – avverte subito – È un modesto tentativo d’introdurre alla lettura della Bibbia pellegrinando nella terra della Bibbia».
A ognuno dei 21 capitoli è così associato un elenco di letture ‘bibliche. Il libro è il frutto del pellegrinaggio personale fatto l’anno prima, “un sogno” per Emilio: «Andare nella terra dei Patriarchi e dei Profeti, nella terra di Gesù e degli Apostoli, nella terra della Bibbia e del Vangelo, insomma in terra Santa, è sempre stato un sogno. Questo sogno oggi finalmente diventa realtà. Vado a Gerusalemme partendo da Roma. Risalgo la corrente del Vangelo fino alla sorgente… Il pensiero che farò Natale a Betlemme mi riempie di una gioia pura e semplice come quella dell’infanzia».
Emilio ci ha lasciato il racconto di quel suo Natale nel Diario.
Ecco le trascrizioni delle pagine che vanno dal 23 al 27 dicembre.
Emilio con i suoi compagni di viaggio in Russia. «Anche questo è un pellegrinaggio alle sorgenti… Anche la Russia può essere considerata terra delle nostre radici… Per questo itinerario ci affidiamo alla guida dei Padri che generarono per mezzo del Vangelo le prime chiese, alle mistiche figure della “Santa Russia”, che contempliamo con occhi attoniti nelle icone e che ci sembra veder scendere verso di noi per svelarci i misteri di cui sono custodi… Questo – occorre dirlo? – non è il viaggio dantesco tra la “perduta gente”», scriveva Emilio quando era ancora in piedi il muro di Berlino.
È del 1984 il libro In Russia sulle orme dei Padri, in copertina San Paolo di Andrei Rublëv, con preghiere dell’Oriente bizantino, testi di Ireneo e Macario, Dostoevskij e Evdokimov, e un capitolo sulle icone che si conclude con un paragrafo dal titolo L’uomo icona di Dio.
Ancora Andrei Rublëv: uno degli angeli della celebre Trinità, non per una guida ma per un libretto, quello della Pasqua 1984. Emilio scrive la sua Lettera agli amici da Gerusalemme e racconta del giardino di Giuseppe d’Arimatea, il giardino dell’incontro tra il Risorto e la Maddalena che «ha trovato il sepolcro vuoto, ma continua a cercare appassionatamente il Signore. Egli è lì accanto a lei, ma lei non lo riconosce. Lo riconosce solo quando il Signore la chiama per nome. È il mistero di ogni persona: ciascuno è chiamato per nome, nessuno è confuso nella massa, ma conosciuto personalmente come fosse unico»”.
Nel 1996 è la volta di Giordania. Itinerario biblico spirituale, nel 1997 Sui passi di San Paolo. La serie delle guide, aperta nel 1959 con un itinerario biblico, si conclude, quaranta anni dopo, con un libro sulla Terra Santa. Nell’ottobre 1999, poche settimane prima della morte di Emilio, l’amico editore Borgia pubblica La terra dei nostri padri.
Quanto il viaggiare di Emilio fosse segnato dalla presenza della Parola, legato allo studio e alla lettura, ce lo dice questa lettera di una compagna di viaggio, Jolanda Cavassini. È il racconto di una riflessione filologica in una bella giornata sul lago di Tiberiade. Una “lettera stupenda”, la definisce Emilio che decide di diffonderla tra gli amici.
Nel 1984 visita la Cina e assume come viatico Le lettere di viaggio di Pierre Teilhard de Chardin, che l’aveva esplorata a più riprese negli anni Venti, spinto dal bisogno di scoprire i valori di quel lontano popolo. Quello che appare chiaro è che “la fede attuale è antireligiosa”, ma il gesuita proibito non si ferma al realismo di questa constatazione e si lancia in un’osservazione che conquista Emilio: “Al di fuori della Chiesa c’è una quantità immensa di bontà e di bellezza che troveranno compimento solo nel Cristo, ma che esistono intanto e alle quali occorre mostrare simpatia, se vogliamo essere noi stessi pienamente cristiani e se vogliamo assimilarle a Dio”.
Questa apertura mentale, ricorda a Emilio, e lo annota nei suoi appunti di viaggio, un altro grande gesuita, Matteo Ricci, missionario in Cina dal 1582 alla morte nel 1610, «l’esempio più insigne di come si getta il seme del Vangelo in una terra, cioè nella cultura di un popolo». Emilio è attirato dalla folla immensa che invade le città. «Vorrei in questa folla ravvisare e distinguere il volto di ogni singola persona, percepire il mistero personale di ognuno che è unico e inconfondibile». Di fronte a quelle masse Emilio sente l’urgenza dell’unità della specie umana: «Bisogna gettare altri ponti, se vogliamo che il mondo sia uno come è destinato ad essere, per volere di Colui che l’ha creato con la sua sapienza e l’ha redento con il suo sangue».
Ecco alcune considerazioni di Emilio, dal 21 marzo all’8 aprile 1984, nel viaggio in Cina.
C’è un personaggio che Emilio cita più volte nei suoi libri di viaggio: Abercio, vescovo di Gerapoli verso la fine del II secolo. Nei Musei Vaticani si conserva l’epitaffio che Abercio dettò per la sua stele funeraria, una delle più antiche iscrizioni cristiane. A Emilio quel testo era molto caro, l’ha tradotto e inserito in una delle sue guide. Abercio si definisce “discepolo del Buon Pastore” e dice di aver molto viaggiato avendo sempre con sé Paolo, le sue lettere. Come Emilio, da ragazzo in seminario, da adulto in viaggio.
Riflette sui suoi viaggi in Terra Santa nella lettera del 1992, scritta nel cinquantenario del suo sacerdozio: «Quante volte nel deserto ho detto al Signore con la voce dei salmi: “Sono davanti a te come terra deserta, assetata”. Ho percorso più volte il deserto della Giudea, il deserto del Sinai e quello del Sahara; ho trovato oasi verdeggianti, ma anche umili rivoli d’acqua nascosti. Ho imparato a bere alla Sorgente, ma anche a questi umili ruscelli lungo la via. Lungo questa via di cinquant’anni ho incontrato anime assetate, alle quali ho chiesto da bere, ricordando il Signore stanco che chiese da bere alla samaritana al pozzo di Giacobbe, lui che era la sorgente d’acqua viva. Proprio queste anime assetate e stanche hanno acceso in me un desiderio più vivo della Sorgente».
La Terra Santa è stata per Emilio anche un luogo di studio. Tra il 1984 e il 1985, passa un anno e mezzo nello Studio biblico francescano di Gerusalemme, dove incontra Padre Bellarmino Bagatti.
È da lui che Emilio trae linfa per la sua “ricerca delle radici”, il radicarsi della Parola in un tempo e in un luogo.